La class-action e l’ADR dovrebbero aiutare i cittadini ad ottenere giustizia così riducendo quella asimmetria processuale che, di fatto, induce i consumatori a rinunciare ai propri diritti se la controversia ha un valore inferiore ai 500 euro: in questa riluttanza risiede il più appariscente limite nella concreta tutela del consumatore che ricade, più in generale, sull’efficienza stessa del mercato.
L’azione di classe e le soluzioni alternative delle controversie (ADR) cercano di ovviare all’asimmetria processuale, cioè a quel divario tra l’utilità della tutela individuale ed il costo che il consumatore si assume nel momento in cui decide di intraprendere un’azione. Perché si possa dire che i diritti dei consumatori siano effettivi in Italia, dunque, sarebbe necessario poter affermare che essi siano concretamente azionabili: nel nostro Paese, invece, esiste ancora una significativa distanza tra la protezione scritta nel Codice del Consumo (c.d. ‘law in the book’) e quella effettivamente riconosciuta nel mercato (‘law in action’).
Nonostante l’Unione Nazionale Consumatori sia la prima associazione ad aver vinto una class-action nutriamo ancora forti dubbi sull’efficacia di questo strumento. Per certi aspetti potrebbe aiutare un maggiore sviluppo degli strumenti alternativi di soluzione delle controversie ed in particolare le conciliazioni; ma a volte non è una strada meno tortuosa. E’ da queste premesse che discende l’esigenza di riformare questi strumenti, nella prospettiva di realizzare un vero enforcement, anche in virtù della funzione di deterrenza che la minaccia di una reale tutela potrebbe esercitare nel dissuadere i comportamenti delle imprese scorrette.