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aprile, 2015:

ISTAT: aumentano i prezzi del carrello della spesa

carrello-spesa-crisi_o_su_horizontal_fixedRoma, 14 aprile 2015. – “L’aumento dei prezzi del carrello della spesa dimostra che la deflazione non c’è mai stata per la massaia italiana. La spesa di tutti i giorni continua ad aumentare nonostante la crisi e la riduzione dei consumi. Un dato preoccupante in previsione dell’uscita dalla crisi e, si spera, della ripresa della domanda” ha dichiarato Massimiliano Dona (segui @massidona su Twitter), Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando il dato Istat secondo il quale a marzo i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono saliti su base annua dello 0,8%.

Secondo i calcoli dell’Unione Nazionale Consumatori, per una coppia con 1 figlio l’aumento dello 0,8% del carrello della spesa significa pagare, in termini di aumento del costo della vita, 54 euro in più su base annua (cfr tabella). Per un pensionato con più di 65 anni sono 30 euro in più, mentre per un single con meno di 35 anni si tratta di 36 euro. Il maggior aumento per la tradizionale famiglia italiana: una coppia con due figli spenderà 55 euro in più.

Analizzando i dati dell’inflazione per città, la palma del risparmio spetta a Bologna, dove l’abbassamento dei prezzi dello 0,9% consente ad una famiglia di 3 persone di risparmiare 343 euro su base annua, in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto Firenze, con 208 euro, seguita da Trento, dove una famiglia di 3 persone può risparmiare 182 euro.

Bolzano, invece, registra il maggior aumento dei prezzi (+0,6%), confermandosi la città più cara d’Italia, con un aggravio di spesa di 276 euro su base annua, sempre per una famiglia da 3 componenti. Seguono, come città più care, Potenza (109 euro) e Roma. Una famiglia romana di 3 persone spende, su base annua, 65 euro in più per l’aumento del costo della vita.

“Le 10 cose che non devono mancare nel supermercato ideale“

sainsbury-supermarket-580x358Sono le moderne cattedrali dello shopping, migliaia di metri quadrati a disposizione dei nostri acquisti: dal supermercato al grande outlet, da Ikea a Leroy Merlin, da Coop a Conad, da Esselunga a Carrefour. E potrei continuare con l’elenco delle insegne…

Luoghi dove ciascuno di noi trascorre del tempo, chi a caccia di offerte, chi per la comodità di fare la spesa in un unico luogo. Spesso demonizzate, queste grandi superfici commerciali stanno prendendo il posto dei piccoli negozi di quartiere. Un bene, un male? Forse una risposta definitiva a questa domanda rischierebbe di sconfinare nell’ideologia: dipende da cosa voglio comprare, come e quando. Ma soprattutto dalle attenzioni che questi operatori della Distribuzione moderna rivolgono ai consumatori…

Quel che è certo, infatti, è che il supermercato (chiamiamolo così per brevità) potrebbe essere migliore se si aprisse a un confronto più intenso con i consumatori e con chi li rappresenta: citerò uno studio dell’Unione Nazionale Consumatori che elenca i desideri dell’utenza. Sono le 10 cose sulle quali la Distribuzione moderna può fare meglio agli occhi dei consumatori:

1) prevedere strumenti più efficaci di interazione con la clientela: non solo con il classico punto di ascolto presso il supermercato (o il call center), ma anche App e altri canali digitali come i social network;

2) maggiori informazioni sulla provenienza dei prodotti, anche oltre le previsioni normative, a cominciare dall’introduzione in etichetta dell’informazione sullo stabilimento di produzione;

3) divieto di collocare i prodotti per bambini alle casse, così da non sollecitare gli acquisti di impulso dei più piccoli;

4) predisposizione dei prodotti all’interno del grande magazzino secondo le esigenze consumatore (e non secondo le tecniche di visual merchandising del supermercato): quindi prima l’acqua minerale, per evitare che schiacci altri prodotti, poi prodotti in scatola, quindi i freschi come formaggi, frutta e verdura e per ultimo i surgelati vicini alla casse, per non interrompere la catena del freddo;

5) impegno a non cambiare la disposizione dei prodotti solo per disorientare il consumatore e costringerlo a peregrinare per le corsie;

6) indicazione del prodotto più conveniente per facilitare gli acquisti di chi si indirizza ai prezzi più vantaggiosi;

7) impegno per la sostenibilità ambientale: dall’uso di materiali riciclabili ai contenitori per la raccolta delle batterie esaurite, dal divieto di uso della pellicola pvc per salumi e formaggi alla istallazione di termometri visibili al pubblico nei congelatori, fino alla corretta raccolta del RAEE;

8) seri investimenti sulla formazione degli addetti ai punti vendita anche per introdurre nuove figure di assistenti alla clientela che possano indirizzare il consumatore per trovare i prodotti tra gli scaffali e le notizie necessarie per acquisti di buon rapporto qualità prezzo;

9) migliore accoglienza per la clientela: dalla disponibilità di cartellonistica sui diritti di garanzia e post-vendita alla presenza di etichette “green” e di prodotti per particolari esigenze dei consumatori, dal contenimento delle file alle casse (offrendo percorsi privilegiati o automatizzati), alla disponibilità di aree wifi o per la ricarica di smartphone o tablet, fino a luoghi attrezzati per i minori o gli anziani;

10) sistemi di certificazione da parte delle Associazioni dei consumatori sulla qualità dell’informazione, i servizi di ascolto, la sicurezza prodotti (ad esempio tramite ispezioni o attività di mistery shopping che consentano di pervenire al rilascio di un trustmark di fiducia).

Insomma, perdonatemi la battuta, una sorta di “lista della spesa” per il mondo della Distribuzione che voglia intercettare i desideri dei consumatori. Abbiamo dimenticato qualcosa?

Fonte: Le 10 cose che non devono mancare nel supermercato ideale