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RC AUTO: NO AL PROFITTO SULLE SPALLE DEI CONSUMATORI

“Giocando d’azzardo non vince nessuno, ma si provocano soltanto seri danni sociali ed economici ai consumatori e allo stesso Stato”. E’ quanto ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori (http://www.consumatori.it), riferendosi al continuo proliferare di casi di ludopatia nel nostro Paese che stanno creando una vera e propria emergenza sociale.

Sempre più famiglie finiscono sul lastrico a causa della dipendenza dal gioco d’azzardo, ma d’altra parte non ci si rende conto del costo per il Servizio Sanitario Nazionale della diffusione dell’azzardo patologico. La moral suasion del Governo, che si limita a consigliare di “giocare responsabilmente” con una serie di provvedimenti ancora troppo poco incisivi non basta: servono regole severe che pongano seri paletti a chi gioca online (con il puntuale controllo dell’età del giocatore, tetto massimo di spesa e di giocate) e mettano un freno a quella pubblicità che tenta di adescare i consumatori regalando loro un sogno di rivalsa.

“In questo momento di crisi -ha commentato Paola Vinciguerra, Presidente dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap) ed esperta di ludopatie- nonostante di soldi in casa ce ne sono pochi, paradossalmente, aumentano i giocatori d’azzardo proprio perché il clima di incertezza sviluppa alti livelli di stress e ansia e le persone cercano soluzioni all’esterno tentando una vincita che risolva le paure. Questo sentimento di speranza che produce sollievo allo stato di allarme può generare però una spinta pericolosa alla ripetizione del comportamento, fino a rischiare di divenire dipendenti dal gioco”.

Ancora prima degli interventi legislativi è fondamentale uno sforzo educativo affinché si insegni già dalle scuole che la vita non è un gioco e per ottenere risultati servono impegno e fatica: solo così, forse, si potrà portare a casa il jackpot.

RECUPERO, MA DI QUALI CREDITI?

Sta diventando il business del momento, molti consumatori ci segnalano di aver ricevuto solleciti di pagamento (o veri e propri atti di citazione) per il recupero di somme in realtà non dovute. L’ultimo caso riguarda le comunicazioni inviate dalla “Ditta Paravati Consuelo” per il pagamento di alcune fatture Tim scadute. Però la cosa che desta sospetti è che i consumatori che ci hanno contattato affermano di non aver mai avuto un contratto con la Tim.

Ed allora potrebbe trattarsi delle solite comunicazioni-truffa mandate ad ignari consumatori nella speranza di spaventarli ed indurli a pagare importi contenuti pur di evitare grattacapi. Insomma una vera e propria catena milionaria (se consideriamo che queste indebite richieste sono inviate a migliaia di consumatori).

In casi come questo è bene ricordare di non spaventarsi, verificare se il credito è dovuto, tenendo conto però che difficilmente le grandi società telefoniche si affidano a comunicazioni così improvvisate. Inoltre, è bene sapere, quando si riceve un atto di citazione a comparire dinanzi ad un Giudice di un luogo diverso dalla nostra residenza, che questo è illegittimo!

La nostra organizzazione sta valutando con l’operatore la fondatezza di queste richieste di pagamento che, in molti casi, hanno ad oggetto fatture risalenti al 1997. Nei prossimi giorni invieremo una segnalazione alla autorità di vigilanza che valuterà1 la rilevanza dei fatti. Ma intanto, se si avessero dubbi, il consiglio è di non pagare e di segnalare il caso ai nostri sportelli: info@consumatori.arezzo.it.

AUTOSTRADE: UN RICORSO ALL’ANTITRUST PER I CONSUMATORI?

“Stiamo verificando l’opportunità di depositare una segnalazione affinché l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato torni ad interessarsi delle dinamiche del mercato autostradale con particolare riguardo alla qualità del servizio e al prezzo dei prodotti venduti nelle aree di sosta”. E’ quanto ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori (http://www.consumatori.it), riferendosi ai dati emersi dalla campagna dell’associazione dedicata alla qualità della ristorazione autostradale.

Gli esiti della nostra recente campagna “Una sosta di qualità?” descrivono, infatti, un quadro preoccupante del mercato autostradale: se per un verso i consumatori hanno notato una certa evoluzione dell’offerta, non sono però sfuggite le ricadute sui prezzi a causa di una concorrenza realizzata solo in parte; su questo deve intervenire l’Autorità Antitrust prendendo atto, in particolare, dell’anomalia del sistema nel nostro Paese rispetto a quanto accade nel resto d’Europa.

A causa della crisi, il traffico totale in autostrada ha subìto nell’anno scorso un decremento in media superiore al 7% con punte del -15%, mentre le vendite della ristorazione sono calate negli ultimi due anni del 18%; in un simile contesto non è accettabile che le dinamiche di prezzo siano incise così negativamente dal meccanismo delle royalties che i singoli operatori (Autogrill, My Chef, Chef Express, Sarni) devono pagare ai concessionari come Autostrade per l’Italia (ASPI) nell’ordine del 30% del fatturato.

Questo costo si scarica in buona parte sul consumatore (con prezzi più elevati fino anche al 20%) ed in parte sui citati operatori che, infatti, hanno dichiarato lo stato di crisi avendo registrato perdite di esercizio nel 2012 pari a circa 50 milioni di euro.

Se si vuole evitare che, come spesso accade nel nostro Paese, l’interesse di pochi (e nello specifico ci riferiamo ai concessionari autostradali) prevalga su quello di molti (e cioè imprese e consumatori) si rende urgente l’intervento dell’Antitrust prima che, in un momento di così grave incertezza, il decadimento dell’offerta rovini anche la reputazione del nostro Paese in Europa.

730 e ricevute fiscali “magiche”

Fare la dichiarazione dei redditi è sempre una cosa impegnativa per le complicazioni della burocrazia e per il peso delle imposte che non sempre vengono pagate volentieri dai consumatori-contribuenti.

Ma se a complicare le cose si mettono anche i privati, allora è troppo.

Infatti, le spese fatte in farmacia per l’acquisto di medicine e le spese fatte in palestre e piscine per attività sportive praticate dai ragazzi dai 5 ai 18 anni, sono detraibili dalle tasse, nei limiti stabiliti dalla legge.

Tuttavia alcuni esercenti (non tutti) rilasciano ricevute e scontrini, che dopo alcuni mesi, per un “magico” effetto chimico si scoloriscono fino a scomparire. Cosa che non va affatto bene, perché in caso di controllo fiscale, quelle ricevute non verrebbero riconosciute valide e quindi il contribuente, dopo anni può trovarsi costretto a restituire i rimborsi ottenuti con il 730, maggiorati di interessi e sanzioni.

Abbiamo ricevuto proteste da parte di persone che, fatta questa osservazione all’esercente, si sono sentiti rispondere che per leggere queste ricevute scolorite basta “dargli fuoco”. Si avete capito bene, basta accendere una fiamma sotto la carta e l’importo scritto sopra ricompare come per magia. Provate a spiegarlo all’Agenzia delle Entrate.

Ma il massimo dell’assurdo kafkiano è stato raggiunto da un “cliente” di una notissima associazione sportiva di Arezzo che di fronte alla richiesta di avere una dichiarazione sostitutiva (perché le ricevute rilasciate mesi prima si erano scolorite) dopo avere riempito un modulo di domanda e dopo avere fatto altre code e formalità, si è sentito rispondere dalla stessa associazione che quelle ricevute non erano regolari perché non si capiva a quale anno si riferivano.

Ora, quando le formalità burocratiche e la mancanza di trasparenza provengono dalla pubblica amministrazione ci arrabbiamo e protestiamo, ma quando le complicazioni ci vengono create ad arte da fornitori privati, allora veramente si passa ogni limite ed è bene che il consumatore reagisca con tutti i mezzi di autodifesa che ha a disposizione.

Quindi invitiamo i consumatori-contribuenti che fanno acquisti di beni e servizi detraibili dalle tasse presso esercenti che rilasciano scontrini e ricevute “magici”, cioè che scoloriscono dopo alcuni mesi, innanzitutto a pretendere sempre e subito una ricevuta indelebile ed eventualmente a segnalarci questi casi, perché potrebbero interessare gli organi preposti ai controlli antifrode.

Consumatori taglieggiati: dal 2002 aumenti costati 12.700 euro a famiglia

È come aver subito una riduzione drastica ma apparentemente invisibile del proprio stipendio: 1.155 euro l’anno dal 1 gennaio 2002 ad oggi, con un conto finale in 11 anni di 12.700 euro a carico di ogni nucleo famigliare ed un trasferimento totale di ricchezza pari a 279,5 miliardi.

A calcolarlo sono Adusbef e Federconsumatori, sottolineando come «l’assoluta mancanza di controlli a partire da 1 gennaio 2002, ha falcidiato il potere di acquisto di lavoratori e pensionati a reddito fisso letteralmente taglieggiati, costretti a subire prezzi e tariffe raddoppiate con il pretesto dell’euro da parte di cartelli bancari ed assicurativi, monopolisti elettrici e del gas ed interi settori della filiera dei prezzi (eccetto le telecomunicazioni), che hanno sottratto dalle tasche dei consumatori e delle famiglie ben 279,5 miliardi di euro al 31.12.2012, trasferiti a favore di quei settori che hanno avuto la possibilità di determinarli».

Secondo lo studio Adusbef-Federconsumatori, il trasferimento forzoso è avvenuto anche a causa di un tasso di cambio vessatorio pari a 1.936,27 lire per 1 euro (che ha così determinato l’equazione di 1.000 lire 1 euro per moltissimi prodotti di largo consumo) imposto all’Italia dai Paesi più forti d’Europa. Il resto lo hanno fatto i costi più elevati dei servizi bancari, con 295,66 euro contro una media Europea di 114; le bollette elettriche e del gas più alte del 30%; le tariffe Rc Auto più care dell’80%, i prezzi dei carburanti più alti di 9 centesimi di euro a litro e i tassi sui mutui prima casa più esosi di 1,19 punti.

Fonte: www.corriere.it

 

 

L’IMU é incostituzionale?

L’IMU è stata senza dubbio la tassa più impopolare che il governo Monti ha emanato rimettere in sesto le finanze del Paese.Ma adesso circola una voce che la riguarda: pare che si sia profilata all’orizzonte l’ipotesi di poterne chiedere il rimborso per incostituzionalità.

Bisogna però chiarire meglio i contorni della faccenda ed illustrare con precisione le modalità per chiederne il rimborso, sapere su cosa è basata questa procedura, cioè perché l’IMU sarebbe incostituzionale.

L’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha dichiarato che l’IMU è incostituzionale perché viola l’articolo 3 principio di uguaglianza, l’articolo 47 tutela del risparmio e l’articolo 53 principio di capacità contributiva della carta costituzionale.

La base imponibile dell’imposta si identifica con il valore dell’immobile, calcolato sulla base della rendita catastale rivalutata senza una opportuna progressione temporale, e non tenendo conto del valore economico reale e senza prevedere alcun criterio correttivo successivo, necessario per avere quella flessibilità che avrebbe garantito all’imposta il rispetto del principio di uguaglianza sancito all’art. 3 della Costituzione.

L’assenza di correttivi necessari ad assicurare la parità di trattamento fra cittadini si ripercuote inevitabilmente sul principio di capacità contributiva, perché ogni cittadino è obbligato a contribuire alla spesa pubblica in base alle proprie risorse, per cui se l’aumento della base imponibile, avviene in modo indiscriminato, genererà una sproporzione di quanto è dovuto, rispetto alla capacità contributiva del cittadino, violando cosi l’art. 53 della Costituzione.

L’IMU, secondo le accuse che la riguardano, andrebbe anche contro il principio della tutela del risparmio di cui all’art.47 della Costituzione, poiché colpisce in modo indiscriminato e senza alcun meccanismo correttivo.

Nel caso in cui l’IMU venisse dichiarata ufficialmente incostituzionale, esiste un preciso procedimento per chiederne il rimborso.

PREZZO DELLA BENZINA: IPOTESI DI TRUFFA AI CONSUMATORI

L’inchiesta su Shell, Tamoil, Eni, Esso, Total Erg, Q8 e Api. Ipotesi di reato: rialzo-ribasso fraudolento dei prezzi.

Rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, manovre speculative su merci e truffa: sono questi i pesanti reati ipotizzati a carico di otto compagnie petrolifere, Shell, Tamoil, Eni, Esso, Total Erg, Q8 e Api, coinvolte nell’inchiesta della Guardia di finanza e della procura di Varese. Il Gip di Varese cui la procura si era rivolta con un’istanza di sequestro, ha riconosciuto l’esistenza dei reati di aumento fraudolento dei prezzi attraverso manovre speculative in danno degli utenti da parte degli organi di vertice delle compagnie petrolifere, ma ha disposto il trasferimento degli atti a Roma e Milano, dove sono le sedi legali delle stesse.

FORTI OSCILLAZIONI – L’indagine, iniziata un anno fa in occasione del continuo rialzo dei prezzi della benzina, è partita da un esposto del Codacons e ha consentito di accertare l’esistenza di un rialzo ingiustificato da parte delle compagnie, attraverso una serie di manovre speculative. I militari del nucleo di polizia tributaria di Varese hanno prima ricostruito le dinamiche che concorrono alla formazione del prezzo dei prodotti petroliferi ed hanno esaminato la documentazione acquisita presso le compagnie e riguardante l’origine e l’andamento dei prezzi per ricostruire le variazioni in aumento e diminuzione nel periodo gennaio 2011 al marzo 2012.

IL RUOLO DEI FONDI – Per accertare i reati sono stati anche esaminati i documenti relativi alle istruttorie aperte dall’Authority per la Concorrenza e il Mercato e dal ministero dello Sviluppo economico. Nel corso dell’indagine si è inoltre proceduto al raffronto con i prezzi praticati negli altri paesi dell’Ue nello stesso periodo, rilevando prezzi medi in Italia maggiori della media. Gli accertamenti dei finanzieri hanno consentito di accertare che la causa principale dell’aumento dei prezzi è attribuibile al ruolo rilevante dei fondi di investimento in commodity (materia prime come petrolio, rame, argento, oro) e gli Etf sul petrolio (fondi indicizzati quotati in Borsa, in tempo reale, come semplici azioni) che, risultando fortemente influenzati da azioni speculative, da un lato hanno attratto investitori in grado di determinare un aumento del prezzo del petrolio pur restando estranei al suo mercato reale, e dall’altro hanno determinato un intervento speculativo da parte delle compagnie petrolifere attraverso operazioni finanziarie con strumenti di finanza derivata finalizzati al mantenimento di prezzi elevati sui mercati del greggio di loro proprietà ai fini di una definizione conveniente dei prezzi dei carburanti praticati alla pompa.

Fonte:  http://www.corriere.it/economia/13_aprile_04/Prezzo-benzina-indagine-su-sette-compagnie-petrolifere_bfe68ba0-9d06-11e2-a96c-45d048d6d7eb.shtml

I CONSUMATORI MODELLO ZARA

Prezzi convenienti, offerta in continuo cambiamento, prodotti molto simili a quelli appena visti sulle passerelle delle griffe di moda. E’ questa la ricetta di Zara, il brand di fast fashion che fa capo al gruppo spagnolo Inditex. Una ricetta in apparenza perfetta, che sembrerebbe consentire tanto all’azienda quanto ai clienti di ottenere un vantaggio.

Ma è davvero perfetta? Analizzando un po’ più a fondo il modello Zara, alcune criticità emergono. A cominciare dal servizio. Per contenere i costi, l’azienda riduce al minimo il personale di vendita, che, peraltro, si occupa prevalentemente della gestione della merce (riassortire le taglie, piegare i capi, sistemare i camerini e così via).

Ciò significa che, nei fatti, il consumatore è “abbandonato” a se stesso: quando non trova una taglia o vuole sapere se un certo capo è disponibile in un’altra versione di colore deve fare da sé. Lo stesso discorso vale quando si cercano informazioni sulla composizione o le modalità di manutenzione dei capi. In questi casi le uniche indicazioni sono quelle scritte sull’etichetta.

Certo, se si compera una t-shirt a 9.95 il tema della manutenzione non è centrale, ma lo può diventare nel caso in cui si opti per un cappotto da 149 euro. Vi è, poi, il tema del rapporto tra qualità e prezzo. Il prezzo è tendenzialmente basso ma la durata lascia spesso a desiderare, tanto che molti capi sono acquistati in una logica usa e getta: lo metto qualche volta e poi lo butto.

C’è da chiedersi se, in un momento di forte contenimento della spesa come quella attuale, un approccio di questo tipo sia ancora economicamente sostenibile per il consumatore. In altri termini ha ancora senso oggi comperare 4 golfini da 19.99 che dureranno pochi mesi quando, con gli stessi 80 euro, si può acquistare un golf che presumibilmente si potrà indossare per un paio di anni?

Infine vi è la questione dei processi produttivi, come ha denunciato Greenpeace con il rapporto Dirty Laudry e l’annessa campagna di boicottaggio. Secondo quanto rilevato dall’organizzazione ambientalista, durante la produzione Inditex utilizza alcune sostanze chimiche cancerogene. Sostanze che vengono rilasciate direttamente nell’ambiente limitrofo ai luoghi di produzione e, in piccole quantità, sono trattenute anche dagli abiti venduti nei negozi della catena.

Il gruppo, che in realtà non è l’unico coinvolto nella campagna di Greenpeace, ha dichiarato che, entro il 2020, eliminerà le sostanze tossiche dall’intera filiera produttiva. Ma il 2020 non è esattamente dopodomani e, intanto, i punti vendita continuano a essere riforniti di merce.

Fonte: Anna Zinola www.corriere.it

http://nuvola.corriere.it/2013/04/03/il-consumatore-abbandonato-nel-modello-vincente-di-zara/

 

AFFARI TUOI: ADESSO E’ CORRETTO?

Dopo il provvedimento della Procura di Roma che ha chiesto l’archiviazione delle querele per diffamazione in merito ad “Affari tuoi”, molti consumatori ci chiedono se possono ancora fidarsi del gioco dei pacchi.

“Moltissimi appassionati del gioco dei pacchi ci chiedono se, dopo le nostre denunce, il gioco di Raiuno sia attualmente credibile: io fui estromesso dal mio ruolo di controllo, quindi non ho certezze su ciò che accade adesso, ma i miei sospetti restano”. Con queste parole Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori (http://www.consumatori.it), ha risposto alla curiosità della gente delusa dalle vicende processuali che hanno coinvolto il famoso quiz show “Affari tuoi” condotto da Max Giusti.

“Nel mio libro (‘Affari loro’, Minerva edizioni) -ha affermato Dona (segui @Massidona su Twitter)- spiegai dettagliatamente in che modo il gioco favoriva le vincite di alcuni concorrenti: il luogo delle scorrettezze era la stanza dove si svolgevano gli abbinamenti pre-partita (per questo mi fu impedito di accedere in quel posto, territorio esclusivo del dirigente Rai e del notaio). Anche se la Rai oggi dichiara che è tutto regolare -ha proseguito Massimiliano Dona- restano i miei dubbi: per quanto ne so, infatti, ancora oggi quella stanza è off-limit per ogni verifica esterna”.

“Mi dispiace dirlo -ha concluso l’avv. Dona- ma il recente provvedimento della Procura di Roma rappresenta una macchia anche per i rappresentanti delle altre associazioni di consumatori che invece restarono nel programma, evidentemente senza richiedere di controllare nella stanza dei sorteggi: attualmente la loro presenza in diretta ad ‘Affari tuoi’ é solo un regalo per la Rai”.

PUBBLICITA’: IL GRANDE INGANNO DELLE RATE

A seguito di una denuncia dell’Unione Nazionale Consumatori, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha condannato Mercedes per pubblicità ingannevole per le campagne Smart “Veramente sono 95 euro al mese?” e SLK “Perché mettere un tetto ai tuoi desideri?”.

Nel primo caso la cartellonistica stradale enfatizzava il costo delle rate senza precisare che i consumatori, al termine del finanziamento di tre anni, per acquisire la titolarità del veicolo avrebbero dovuto versare una maxirata finale di 5.548 euro ovvero restituire il veicolo anche se in buona parte già pagato; le affissioni pubblicitarie di SLK, invece, promettevano che sarebbe stato possibile acquistare una vettura con rate mensili di 249 euro senza precisare i reali costi del finanziamento.

In questi ultimi mesi abbiamo segnalato all’AGCM e anche attraverso la nostra campagna #cosedanoncredere, numerosi spot nel settore automotive, in particolare con riguardo al tema dei finanziamenti e delle vendite a rate: i messaggi si fanno sempre più aggressivi e numerosi consumatori ci raccontano la triste esperienza di scoprire, solo una volta giunti presso il concessionario, che nelle parole dei pubblicitari ci sono molte fantasie.

C’è da augurarsi che questi provvedimenti, sempre più frequenti grazie al costante impegno dell’Antitrust, possano spiegare alle grandi imprese e a chi si occupa di produrre le campagne pubblicitarie che l’inganno non paga e che la crisi nella quale versa il Paese non può essere risolta promettendo ai consumatori agevolazioni di pagamento che esistono solo sulla carta: in questo modo non si fa che aggravare la sfiducia dei consumatori verso il mercato.